IL TAXI

Quando ero pendolare, nei miei ritorni a casa, in treno , ero solito aspettare che la littorina si fermasse in stazione per alzarmi e scendere.

Una sera, mi annoiavo a stare seduto ed a cinque minuti prima mi alzai ad aspettare l’arrivo vicino la porta di uscita.

Vicino a me, un signore distinto, mi chiese quanto fosse distante il centro e se in stazione c’era una postazione taxi.

Io risposi che il centro era a tredici chilometri e che comunque se avesse voluto gli avrei dato un passaggio con la mia macchina.

Il signore accettò ed all’arrivo lo accompagnai in albergo.

Non mi costo nessuna fatica tanto che il suo albergo era sul mio tragitto

Quindi una volta arrivati, scese mi salutò e mi ringraziò.

La cosa era finita li.

La mattina dopo stesso trantran, esco di casa, prendo la macchina e via alla stazione.

Arrivato li, fuori, c’erano i soliti tre tassisti, appoggiati alle loro macchine in attesa di un cliente.

I tre erano: due in quasi età pensionabile ed un ragazzo.

Il ragazzo sicuramente avrà avuto il taxi in eredità.

La mia città non è Roma e neanche Milano o Torino è Catanzaro.

La stazione di cui parlo non è Lamezia Terme, con treni a lunga percorrenza e maggiore traffico, ma quella di Lido con solo regionali e qualche intercity e per questo non credo che ad un ragazzo gli venga in mente di chiedere una licenza taxi per quella postazione.

Comunque sta di fatto che i tre erano fermi in attesa di ipotetici clienti.

In tanti anni avrò visto salire su quei taxi clienti per quanto sono le dita di una mano di un falegname incidentato.

Che cavolata che ho fatto!

Fare un favore ad un signore che non avevo mai visto prima e che probabilmente non rivedrò mai più ed ho tolto un cliente a persone che vedevo tutti i giorni.

Confesso! Per un po’ di tempo mi sono sentito un traditore ed uscendo ed entrando in stazione ho evitato di guardare verso i tassisti.

Sarà forse perché sono di un’altra generazione: quella che se cambia barbiere si vergogna di passare davanti al locale di quello abbandonato.

 

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