L’ascensore

Io abito sul mare, un po' per scelta un po' per necessità, mia moglie lavora in città, non guida, in genere usa i mezzi pubblici, ma da quando c’è stata la pandemia vuole evitarli e chiede a me di accompagnarla, ho il tempo per farlo e lo faccio volentieri.

Nell’intervallo di tempo, tra la sua entrata ed uscita, in genere vado a casa di mia madre, un palazzo in città.

Il palazzo è in una zona residenziale, molto discreto, ora un po’ troppo discreto e silenzioso, quando vado il più delle volte non incontro nessuno.

Stamattina entrando ho trovato l’ascensore al sesto piano e mentre aspettavo il suo arrivo mi è tornato in mente quando, con me in età scolare, siamo venuti  ad abitare nel 1964 .

Avevo sette anni e ricordo bene  che un giorno di ottobre all’uscita di scuola mi venne a prendere mia madre , io mi meravigliai perché in genere tornavo a casa da solo .

“mamma perché sei venuta, è successo qualcosa?”

“dobbiamo andare in un posto”

Io non replicai e seguii mamma in un tragitto che non era il solito, mamma camminava concentrata con gli occhi ridenti e la mia mano nella sua.

Ero un po’ preoccupato , che sarà successo ,non penso qualcosa di brutto ,mamma non mi sembra ne triste ne preoccupata , anzi tutt’altro.

Camminammo per ancora un po’ ed arrivammo davanti un palazzone giallo , entrammo.

Ma si! la casa nuova! ne avevo sentito parlare a tavola.

Nel cortile delle tre scale era un gran movimento di persone, chi entrava, chi usciva chi chiedeva al portiere dove abitasse tizio o caio.

Il portiere era un tipo collerico, era sempre in guardia affinché nessun bambino sotto i 12 anni prendesse da solo l’ascensore, urlava: se succede qualcosa è mia la responsabilità.

Già allora pensavo come mai avesse lui la responsabilità, era il portiere non un poliziotto, per evitare io ed i miei coetanei prendevamo l’ascensore al primo piano, con buona pace del controllore.

Ricordo anche che per prendere l’ascensore allora c’erano le ore di punta, la mattina a pranzo e la sera.

 Era un problema riuscire a chiamarlo, dovevi stare col dito sul pulsante pronto a premerlo appena si spegneva il rosso di occupato, e non poche volte succedeva che non avevi il tempo di aprire le portiere che subito spariva chiamato da un altro condomino, allora tu con un moto di orgoglio cercavi di fare la stessa cosa con chi te lo aveva rubato e succedeva che l’ascensore facesse più di un viaggio a vuoto.

C’è da dire che succedeva questo perché le portiere sia interne che esterne erano, lo sono tuttora, manuali.

Ora invece mi succede di arrivare alle 7.30 al piano di mia madre ed uscire alle 13.00 e l’ascensore e ancora li che pazientemente mi aspetta.

Che carico gli voglio bene.

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